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La psicologia è una scienza? Scopri tutto quello che c’è da sapere


Dal laboratorio di Wundt alle scienze critiche, una guida completa per capire perché la psicologia è (o non è) considerata una scienza

La domanda “la psicologia è una scienza?” ha accompagnato lo sviluppo di questa disciplina fin dai suoi albori, toccando questioni epistemologiche, metodologiche e filosofiche. Sebbene oggi la psicologia si presenti come un insieme di approcci e tecniche applicative, molti esprimo dubbi sulla sua natura scientifica. La psicologia è una disciplina scientifica o piuttosto una pratica ibrida che oscilla tra sperimentazione, interpretazione e riflessione critica? In questo articolo esploreremo le ragioni per cui la psicologia è una scienza a tutti gli effetti. Infatti, quando è concepita e applicata in maniera sensata e non improvvisata la psicologia non è una pseudoscienza anche se allo stesso tempo non è una scienza esatta.

Quando nasce la psicologia come scienza

La psicologia, come disciplina autonoma, emerge ufficialmente nella seconda metà del XIX secolo, quando Wilhelm Wundt fonda il primo laboratorio a Lipsia (1879), segnando l’avvio delle scienze psicologiche su base sperimentale. Siamo nel pieno positivismo per cui ogni fenomeno necessita di un correlato concreto che possa essere quantificato e misurato. Tutto ciò risponde a quello che Habermas ha descritto come tecnico, che spinge verso l’oggettivazione e la misurazione dei fenomeni. Da allora, la psicologia sperimentale si è sviluppata utilizzando strumenti di laboratorio volti a misurare correlati fisiologici, tempi di reazione, questionari e test psicometrici, mostrando come ci sono esperimenti empirici e scientifici, tra cui

  • Le associazioni verbali di Jung, che misuravano tempi di risposta e associazioni lessicali, anticipando metodologie d’indagine cognitive così come la macchina della verità. Tra l’altro il termine “complesso psichico” fu coniato proprio da Jung a seguito di questi studi sperimentali.
  • Esperimenti sul condizionamento classico di Pavlov, che dimostrarono legami tra stimoli e risposte.
  • Studi sull’apprendimento e la memoria di Ebbinghaus, con diagrammi di curva dell’oblio.

Queste ricerche illustrano perché la psicologia è considerata scientifica, basandosi su protocolli riproducibili e misurazioni quantitative. Le derivazioni applicative sono note per quanto riguarda la pubblicità e il marketing, lo sviluppo di test psicologici, la concezione delle psicoterapie analogamente ai protocolli medici evidence-based.

Il principio di indeterminazione

Il principio di indeterminazione è stato formulato dal fisico tedesco Werner Heisenberg nel 1927. Il suo enunciato afferma che non è possibile misurare contemporaneamente due grandezze complementari di una particella quantistica, come posizione e quantità di moto: maggiore è la precisione nella misura di una, maggiore sarà l’incertezza nell’altra. Ovviamente sulla scala dei fenomeni quotidiana non ne possiamo cogliere il significato in quanto si applica alla scala dei fenomeni quantistici. Tuttavia, mutuando quest’idea, in psicologia si parla di effetto osservatore: ogni tentativo di misurare o osservare un comportamento (ad esempio in un test o in una seduta clinica) può modificarne i risultati. Ne deriva che il soggetto psicologico non può essere completamente oggettivato senza influenzare la sua esperienza interna. Questo richiede protocolli sperimentali controllati e l’integrazione di approcci qualitativi per cogliere aspetti sfuggenti alla pura misurazione. Il tutto si complica nell’applicazione nei contesti sociali, basti pensare all’Effetto Hawthorne, o nei contesti clinici.

Quindi ogni misurazione, per ogni tipo di disciplina, dipende da scelte umane, da cosa e come lo studioso o lo scienziato scelgono di osservare, quantificare, misurare. Tutto questo non è neutro ma, secondo Habermas si fonda su interessi trascendentali, ovvero che esulano il singolo individuo ma chiamano in causa categorie a priori per le quali si fonda la conoscenza.

Le scienze empirico-analitiche e l'interesse tecnico

Le scienze empirico‑analitiche, secondo Habermas, perseguono l’interesse tecnico. Si tratta prevedere, controllare e manipolare i fenomeni mediante il metodo sperimentale. In psicologia ciò si traduce in:

  • Sperimentazione in laboratorio con gruppi controllati e randomizzati.
  • Quantificazione di variabili comportamentali e fisiologiche,
  • Analisi statistica dei dati.

Occorre considerare che quando ci muoviamo all’interno della tecnica, un aspetto fondamentale è dato dal fatto che le decisioni risultano fondate su opzioni di efficacia ed efficienza, quindi sono “razionali” e sono rapportate al rapport costi/benefici. Possiamo affermare che l’etica e la morale sono ecluse (a meno che non siano quantificabili secondo determinati algoritmi) pertanto più che di processo decisionale possiamo parlare di scelta tra opzioni.

Le neuroscienze utilizzano tecniche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e i test di memoria per studiare, in modo rigoroso, processi quali attenzione, linguaggio e percezione. Questa impostazione risponde alla domanda “la psicologia è una scienza esatta?”, sebbene il grado di precisione vari a seconda del fenomeno studiato.

Approcci come il comportamentismo e la psicologia cognitiva incarnano pienamente il modello empirico‑analitico. Qui la psicologia è usata per sviluppare interventi evidence‑based, come le terapie cognitivo‑comportamentali, che mirano a dimostrare l’efficacia di protocolli standardizzati per tipologie di disturbi o pazienti.

Le scienze storico‑ermeneutiche e l'interesse per la comprensione

Le scienze storico‑ermeneutiche si fondano sull’interesse per la comprensione, utilizzando metodi interpretativi e dialogici per cogliere il significato di testi, azioni e comportamenti in un contesto storico‑culturale. Questo interesse muove infine la ragion pratica, ovvero la possibilità di effettuare decisioni in base ad una posizione etica fondata intersoggettivamente.

Approcci come la terapia della Gestalt, l’analisi esistenziale e le terapie narrative si focalizzano sulle storie di vita, sulle narrazioni e sulla relazione terapeuta‑paziente. Qui non si cerca tanto di misurare un sintomo, quanto di co‑costruire significati e nuovi percorsi di senso.

La psicologia umanistica (Rogers, Maslow) e le terapie centrate sul cliente evidenziano come la psicologia sia una disciplina scientifica solo se si riconosce il valore della soggettività e del contesto, per offrire interventi pratici e condivisibili.

Le scienze critiche e l'nteresse emancipativo

Le scienze critiche muovono dall’interesse emancipativo, mirando a liberare il soggetto da condizioni di oppressione e distorsioni culturali. Pur basandosi su un metodo riflessivo, conservano un forte rigore nell’analisi dei processi comunicativi e simbolici.

Habermas colloca la psicoanalisi tra le scienze critiche, poiché utilizza l’autoriflessione come metodo per rendere trasparente all’individuo la propria genesi psichica. L’analisi diviene così un atto conoscitivo e insieme un percorso di emancipazione personale. In pratica il fine della psicoanalisi è liberare l’Io del soggetto dalle coazioni a ripetere inconsce, o dai sintomi, rispetto ai quali si sente oppresso e impotente. La psicologia analitica di Jung, così come la successiva psicologia archetipica, cerca di andare oltre, infatti, attraverso l’opera di azione-autoriflessione, fornisce l’opportunità al paziente di liberare:

Critiche di Wittgenstein alla psicoanalisi

Wittgenstein attaccò la psicoanalisi sostenendo che i concetti psicoanalitici (inconscio, rimozione, complessi) non avessero una base empirica chiara e fossero spesso ambigui nel linguaggio. Tuttavia, queste critiche legittime e corrette se si cerca di posizionare la psicoanalisi (freudiana o junghiana) nell’alveo delle scienze empirico-analitiche, non scalfiscono la collocazione della stessa come scienza critica: l’obiettivo non è tanto la verifica operazionale, quanto la trasformazione emancipativa tramite il linguaggio e l’interpretazione condivisa delle azioni soggettive.

Perché la psicoanalisi non è una scienza esatta

Occorre pertanto sottolineare che la psicoanalisi, come la psicologia analitica, non dà risposte precise e quantificabili come la fisica o la chimica, ma questo non ne nega la scientificità. Stiamo parlando quantomeno di scienze storico-ermeneutiche, in quanto si parte sempre da una contestualizzazione storica delle esperienze del paziente così che lui/lei possano avere strumenti per le future decisioni. Ma l’interesse principale è quello emancipativo delle scienze critiche, in cui il rigore metodologico si misura nella coerenza terapeutica e nella capacità di promuovere trasformazioni significative affinché l’individuo non si senta più oppresso dalle varie costrizioni (interne o esterne) con cui ha convissuto fino a quel momento.

Oltre alla psicoanalisi, conosciuta da Habermas in quanto vi erano psicoanalisti come Erich Fromm od Alfred Lorenzer appartanenenti alla Scuola di Francoforte, il fine della trasformazione individuale è perseguito dalla psicologia analitica di Jung. Vi sono inoltre altri approcci come la psicologia critica e la psicologia di comunità che rientrano in questa categoria. Esse interrogano le strutture di potere e cercano di promuovere la coscienza sociale e individuale. Stesso discorso vale anche per la pedagogia di Paulo Freire.

Quando la psicologia non è una scienza

Quando si afferma che la psicologia non è una scienza o la psicologia è una pseudoscienza, spesso si fa riferimento a pratiche prive di metodo rigoroso. Queste risultano non verificabili e basate su nozioni improprie, ma trattate come evidenze. Chi scrive è un sostenitore dell’Astrologia come metodo che favorisce lo sblocco dell’immaginazione e la possibilità di amplificare il senso delle esperienze. Non crede assolutamente che tramite essa si possano effettuare previsioni più o meno precise, aspetto affermato anche dagli stessi astrologi seri. È importante distinguere le cosidette pseudoscienze dalle discipline psicologiche riconosciute collettivamente, che rispettano i criteri di riproducibilità, di metodo, di formazione e di peer review.

Per concludere

In sintesi, la psicologia è una scienza pluralistica, articolata su tre grandi orientamenti di conoscenza.

  • Empirico‑analitico (interesse tecnico): rigore sperimentale, test psicometrici e interventi cosidetti evidence‑based.
  • Storico‑ermeneutico (interesse pratico): metodi interpretativi, terapie narrative e centralità del contesto.
  • Critico (interesse emancipativo): psicoanalisi, psicologia critica e strumenti di empowerment individuale e sociale.

Perché la psicologia è considerata scientifica? Perché applica metodi sistematici, fa ricorso a misurazioni oggettive, riflessioni condivise e processi di validazione peer‑review.

Spero che  con questo articolo possa aver contribuiti a fornire strumenti per orientarti nel vasto panorama psicologico, riconoscendo perché la psicologia è una scienza a tutti gli effetti, basta però avere la voglia di approfondire cosa è la scienza.

Se questo articolo ha stimolato la tua curiosità ti invito a seguirmi e mettere un “like” nelle pagine social e/o a contattarmi.

Nell’autoriflessione una conoscenza per amore della conoscenza viene a coincidere con l’interesse alla emancipazione
Citazione Habermas


La psicologia è una scienza? Ecco link dei testi di riferimento

Crediti immagine in evidenza

L’alchimista, alla ricerca della pietra filosofale, scopre il fosforo, olio su tela, 1771 (rimaneggiato nel 1795), di Joseph Wright of Derby (Derby 1734 – 1797). Conservato al Derby Museum and Art Gallery, Derby (Regno Unito).

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Samuele Bellagamba

Da sempre appassionato di psicologia junghiana, mitologia e del mondo dei sogni, nel mio lavoro aiuto le persone a esplorare il proprio universo interiore e a dare significato ai loro vissuti profondi. Ho esperienza nella psicologia clinica, nella selezione e valorizzazione delle risorse umane e nel supporto psicologico in contesti nazionali e internazionali. Ricevo a Perugia e offro anche consulenze online.

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