Cosa è il simbolo per Jung? Scopri come avviene la trasformazione.
Il simbolo secondo Carl Gustav Jung è un collegamento con l’inconscio, ma ha un’accezione differente da quella che ha nell’utilizzo quotidiano.
Carl Gustav Jung è stato lo psicologo che più ha approfondito cosa è il simbolo dal punto di vista psicologico, tanto che nel suo impianto teorico rappresenta il ponte che collega la coscienza al mondo dell’inconscio. La concezione del simbolo che ha proposto è molto differente da quella di Freud e fu una delle causa del loro dissidio professionale e umano.
Infatti, Jung propose una visione simbolica di tutto il processo mentale patologico, aspetto approfondito nel 1912 mediante il metodo dell’amplificazione delle fantasie spontanee di una donna, fittiziamente chiamata Miss Miller. Esse furono trattate nel volume Simboli della Trasformazione che reperibile nella sua revisione aggiornata del 1952.
Ma adesso passiamo a comprendere cosa è il simbolo per Jung e che significato occupa per la psiche umana.
Cosa è il simbolo: le origini della parola
La parola “simbolo” deriva dal greco antico “σύμβολον” (sýmbolon), che vuol dire “segno”, è formato da due parole che ci dicono molto dell’immagine dietro questa parola:
- “σύν” (syn): che Semerano rimanda al più arcaico ςύν ovvero “legare”, “attaccare“.
- “βάλλω” (bállō): ovvero “gettare”, ma, sempre secondo il filologo fiorentino, deriverebbe dal sumero “bal” ovvero “battere”, “rompere”, “spezzare”.
Il significato originario di “σύμβολον” non era quindi legato solo al “mettere insieme”, ma riguardava proprio un procedimento di legare un qualche cosa che è stato rotto a causa di un agente che può essere anche violento. Infatti in antichità, i greci di fazioni differenti usavano spezzare un oggetto (osso, moneta, argilla, ecc.) in due parti, una per ciascuna persona coinvolta in un accordo, un contratto o un’alleanza. Tale usanza era un modo per riconoscersi, infatti i frammenti alla fine dovevano combaciare perfettamente. Si veniva a creare così che entrambe le fazioni o gli individui avevano con sé un frammento noto che veniva completato da un altro ignoto.
Dopo questo riscontro filologico si può notare come per C.G. Jung il simbolo rappresenta l’elemento, il mezzo che permette il processo di confronto con l’inconscio e il completamento dell’essere umano come individuo.
Cosa è il simbolo: differenze tra Freud e Jung
Quella sulla concezione del simbolo è uno dei punti focali che portò al distacco tra Carl Gustav Jung e Sigmund Freud. Infatti, per il fondatore della psicoanalisi il simbolo è come un rebus, è un elemento, una rappresentazione che sta per qualcos’altro, quindi un segno. Rispetto a quanto detto prima siamo su un altro piano dalla concezione di Jung del simbolo come motore della trasformazione psichica.
Altra differenza da rimarcare è tra simbolo ed allegoria, infatti il simbolo è qualcosa di vivo, anzi rappresenta la vitalità stessa della psiche, e in quanto vivo è mutevole. Di volta in volta ha bisogno di essere ricontattato dalla coscienza non solo cognitivamente attraverso una sua interpretazione, ma anche emotivamente così questa si possa ravvivare. Invece l’allegoria, da questo punto di vista, si pone agli antipodi.
L’allegoria propone un significato che non è letteralmente quello manifestato, un significato che comunque è abbastanza noto all’interprete. Una storia allegorica a me molto cara è La fattoria degli animali di George Orwell nella quale sono chiari i riferimenti tra maiale e un certo tipo di uomo politico e dove viene denunciata la pretesa rivoluzionaria dei totalitarismi che poi alla fine non rivoluzionano nulla. Anche nei Vangeli ci sono allegorie, chiamate parabole, che servono a fornire un insegnamento morale al cristiano. Anche le favole di Esopo utilizzano la figura retorica dell’allegoria, si pensi alla stra-famosa “La volpe e l’uva”.
Tornando alle differenze tra Freud e Jung per quanto riguarda il simbolo, la prima concezione freudiana mirava a semplificare il simbolo riconducendolo alla teoria psicossessuale. Ad esempio, per il maestro viennese l’immagine di un vaso, o di un altro elemento concavo, in un sogno o in una libera associazione rimandavano alla sessualità femminile e simboli come bastoni, spade, ecc. alla sessualità maschile.
Invece per Jung la sessualità è una tra le pulsioni e sta alla pari con le altre come la fame ad esempio. Per questo motivo il vaso si può rimandare al principio femminile, ma in termini simbolici, come archetipo dell’accoglienza o del nutrimento o l’immagine dell’essere contenuti fino all’essere divorati, solo per fare alcuni esempi. Stessa cosa per il bastone o la spada che rimandano sì al maschile, ma anche qui simbolico, come tendenza all’attività nei confronti del mondo esterno, o anche come aggressività, che può essere vista anche alla delimitazione protettiva. Importante è da notare che per il simbolo ogni significato non va ad escluderne un altro che può essere anche opposto, come lo sono le due metà di una moneta.
Lo psicologo del profondo per Jung non mira a ricondurre ogni cosa alla pulsione sessuale, ma ad una forma antecedente chiamata “energia psichica” in senso lato. Lo stesso Freud rivedrà in parte la sua concezione nel testo Al di là del principio di piacere, dove specificherà che l’energia sessuale assume forme rappresentative di sé stessa mirando all’unione con l’oggetto del desiderio che parte dal bisogno riproduttivo. Tuttavia, ad essa si affianca una pulsione distruttiva che mira a rompere i legami fino a ridurli ad uno stato inorganico riportando così la psiche in uno stato di quiete.
Quindi per mettere qualche punto fermo possiamo ricalcare le diverse concezioni che pone Jolande Jacobi per cui si può distinguere:
- Simbolo, è un’immagine, per lo più spontanea, che esprime nel miglior modo possibile un qualcosa non ancora conosciuto ma pronto per esserlo. Vista la loro spontaneità, le immagini che vediamo nel sogno sono in tutto e per tutto dei veri simboli.
- Allegoria, è un’immagine o un’espressione utilizzata intenzionalmente per comunicare in modo modificato o metaforico un significato. Ad esempio in questo senso il simbolo del cuore può rappresentare un’allegoria dell’amore e dell’affetto reciproco.
- Segno, è un’immagine che sta per qualcos’altro ed entrambi i termini sono noti e intenzionali. Tutti sappiamo che il cartello stradale del “triangolo” manifesta un possibile pericolo, esso è un simbolo (o meglio un segno) che richiama l’attenzione. Un altro esempio di utilizzo di un simbolo in termini di segno è rappresentato dal simbolo dell’euro €, che mette insieme la epsilon greca “ε” e le due linee parallele “=” per affermare le origini dell’idea di Europa e di stabilità ad essa associata.
Tuttavia, non occorre essere troppo schematici perché il bello della psicologia junghiana è che essa cerca di comprendere tutti i livelli di lettura per questo anche partendo da un segno proposto intenzionalmente, attraverso una serie di domande, è possibile analizzarlo fino a raggiungerne il livello simbolico.
Perché il simbolo è importante per la psicoterapia?
Per Jung il simbolo è un elemento fondamentale che, come accennato precedentemente, rimanda all’immagine essenziale evocata dalla parola stessa. Si tratta di un’azione che permette di riconciliare un frammento “spezzato” con un oggetto non noto. La stessa Immaginazione Attiva, un metodo che mette a confronto con le immagini inconsce dando loro dignità, è un modo per favorire il rapporto con il mondo simbolico e attivare le risorse di autocura della psiche. È un po’ come l’arte giapponese del Kintsugi attraverso la quale si ripara un oggetto rotto, un oggetto che mantiene la forma originaria ma è al contempo trasformato.
Jung chiama Funzione Trascendente questa capacità della psiche. Trascendente perché permette la trasformazione individuale e perché mette a confronto con una realtà che va oltre quella riferibile al singolo. Infatti, gli archetipi sono immagini universali che contraddistinguono il percorso dell’umanità intera e non per quello personale. Ad esempio, il confronto con l’archetipo del padre o della madre (per citarne due “leggeri”) è un qualcosa che deve mettere insieme le nostre pulsioni etologiche, l’educazione ricevuta, i modelli culturali e il periodo storico. La sintesi è individuale, ma può essere sia un adeguarsi a queste spinte sovraindividuali (trascendentali appunto) che un immaginare creativamente il proprio rapporto con esse.
Vediamo che quindi la funzione trascendente mette in contatto la coscienza con gli immaginari collettivi che per lo più risultano ignoti all’individuo.
Pertanto, una buona psicoterapia, anche secondo i termini moderni, dovrà prestare la giusta dose di attenzione al simbolo e a come il paziente immagina, perché è li che si attivano le risorse individuali. Infatti, dal punto di vista delle ricerche empiriche è stato riscontrato come il linguaggio sia connesso con la regolazione delle emozioni e la loro elaborazione, quindi trasformazione. In questo rapporto il ruolo di mediatore è giocato proprio dai simboli come immagini mentali che attivano una prima forma di pensiero circa l’emozione, un livello che permette l’attivazione del linguaggio.
Oggi viviamo in mezzo ai simboli?
Venendo al quotidiano si nota come siamo immersi in una natura che viene definita simbolica. Infatti, il marketing ci pone di fronte a loghi e simboli che a livello superficiale rimandano all’immagine di un marchio. Pensiamo al simbolo di Facebook, di Linkedin, di Whatsapp, ecc. segni che vedrai in questo sito e che spero suscitino in te il bisogno di condividere quanto scrivo, (sempre che tu lo abbia gradito).
Tuttavia, non sempre è così perché il nostro sistema di vita si basa sull’acquisto di beni di consumo per cui la pubblicità deve suscitare nuovi bisogni per cui il solo vedere un logo di una società particolare attiva un desiderio.
Analizzando psicologicamente la loro funzione simbolica essi servono a far emergere un senso di vuoto, una mancanza che deve essere colmata dal prodotto o dal servizio offerto. Però, tale soddisfacimento non è duraturo perché subito ci sono nell’ambiente altri “simboli” che innescano altri bisogni in un circolo senza fine, come un serpente che si morde la coda.
Pertanto, possiamo notare che la deriva commerciale del simbolo nel logo, è l’esatto contrario di cosa intendeva Jung riferendosi al simbolo. Se lo psicologo svizzero il simbolo era un ponte che univa coscienza e inconscio e più era spontaneo come nel sogno più aveva forza, per noi moderni è l’esatto contrario. Serve ad allontanarsi dalla ricchezza della propria interiorità o dalla bellezza della natura e delle relazioni, instillando una prateria deserta dove scorrazzano le multinazionali dei consumi.
In conclusione
Abbiamo visto che la concezione del simbolo secondo Jung è comprensivo di molteplici significati, ma differenzia il simbolo dall’allegoria e dal segno. Queste concezioni hanno allontanato il suo pensiero da quello di Freud giudicato eccessivamente riduttivo della complessità del mondo simbolico.
Per come intende Jung il simbolo rappresenta la manifestazione della vitalità psichica che permette l’evoluzione personale. Inoltre, il simbolo connettendo ciò che è non noto, come un’emozione che preme, con un’immagine simbolica, permette l’emergere di un pensiero che porta al linguaggio.
E se la psicoterapia è la cura con le parole possiamo concludere con James Hillman, il quale sosteneva come la terapia sia un’attività che permetta all’individuo di narrarsi immaginando nuove storie che lo riguardano, quindi anche nuove possibilità rimaste inespresse. A tal proposito nel libro Le storie che curano così scrive:
“La mente è fondata nella sua stessa attività narrativa, nel suo fare fantasia. Questo “fare” è “poiesis”. Conoscere la profondità della mente significa conoscere le sue immagini, leggere le immagini, ascoltare le storie con un’attenzione poetica, che colga in un singolo atto intuitivo le due nature degli eventi psichici, quella terapeutica e quella estetica.”
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"Il simbolo non è né allegoria né segno (seméion), ma l’immagine di un contenuto che per la massima parte trascende la coscienza"
Cosa è il simbolo per Jung?
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